martedì 26 febbraio 2013

Patient 25-059#

La cosa piu strana che ritrovo nelle mie inappetibilità quotidiane  è sempre stata l'ineccepibiltà delle parole, il loro estrinseco riferimento all'esprimere con graffiante purezza il fatidico momento del significabile, ma nulla piu di una forma grezza da cui trarre la minima referenza ad una data materialità.
Così il riprendere di tanto in tanto il tema della rappresentazione e sfogarlo nel soliloquio violento di un immagine.
Ho ripreso matita e penna dopo molta inattività e credo che solo le immagin possano descrivere completamente quella dialettica ricreatrice che attraversa il sensibile ed acuto atto del ri-presentare.
Perciò volevo condividere questo intimo momento con degli sketch realizzati nell'ultima settiman ed accompagnati da un logorroico scenario politic che ha attraversato senza un peso questi ultimi giorni votati al declino di un paese di cui non rimane che il volto smunto di uomo privo di ogni qualità se non nel volto smunto di uno spettro....

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lunedì 11 febbraio 2013

Aimerso-far o ciò che non può esser detto o che forsse richiama in me una ricerca dellle tonalità in ciò che più propriamente è una ricerca del getto....


La ricerca del getto, così oso chiamarla, la ragione che attraversa la memoria perforando lo sguardo di un misero spettatore, la narrazione grafica con la quale conservo la febbrile incombenza di contenuti sennò destinati ad una perenne fuga.
Sono sempre più convinto di non avere ragioni, questa è un affermazione la cui voracità inghiotte la natura del mio sentimento, per so fra le turbi del getto Van Goghiano e della ciclicità Kubiniana. Eppure lo scopo di queste mie parole mi è non solo sconosciuto ma risuonano come un tragico richiamo alla mia più intima fragilità che negli ultimi tempi si fa sentire sempre più ferocemente. Da la ricerca del getto ricavo ciò che che non può essere narrato ma può solo essere subito in maniera ferocemente accesa dal corpo e dall'animo razionale che una certa dialettica discorsiva rincorre demolendo la piramide cui giaccio come un fauno giocondo, ma dal getto ricavo non solo una fragile consapevolezza del'inutile cibo che assaporo dalla semiotica di un linguaggio sempre più esacrato e incompreso, ma la minuscola se non superficiale lezione della creazione.



Cosa significa creare ? E la domanda più semplice e banale a cui il mio limitato punto di vista non è stato in grado di rispondere se non attraverso le parole di Duchamp, dell'Impositivismo cognitivo, un badile un imbuto e la volontà di non schierare se stessi se non nella dinamo di un pathos erotico a cui è legata la perfetta simmetria dell'impossibilità, ma im-possibile come im-posto, la dinamo da un luogo ad un altro o la sottile e sottesa implicazione della raggelante convinzione dell'inaspettato.



E se io ponessi la domanda ma in maniera errata dove mi condurrebbe? Sed ego, ergo sum, sed qui Sum ? Ego sum Sosia. E così la sottile miscela di ottimismo e perenne decostruttivismo balena nella ragione di un mentre in cui il mio corpo va in pezzi e la mente, errabonda e ormai più vana sgretolazione invano trattiene gli atomi che insieme formano la sostanza del mio volto, un insieme frammentario di quest'inutile piramide carnale che seppur tale, sostiene orgogliosamente la sua più totale abnegazione dell'io, o come il più delirante dei giullari “capoverso” di una consapevolezza del sé nell'imago di un D-IO anonimo o acronimo di quel super essere ceco ed inorgoglito dall'idiota credenza di un impossibile domanda, negante la sua natura cui unica funzione è il rigetto dell'humus. Se dunque un uomo diviene mascheramento di subbugli innaturali quali è l'innata follia della creazione, un contra all'imposta innaturalezza che assorbe i canoni del suo ingegno la cui facoltà è il generare, ciò che definiamo come getto è l'inatteso smascheramento dell'appetito volto ad una perenne ricerca verso ciò che ci attraversa e che passa, il quale senza lasciar corroborare oltre la reale identità della ferita lasciata, conduce ad un volgersi esterno, il quale non eguaglia la necessità di volgere la nostra ricerca verso l'interno.....come la natura di questo pallido spaventapasseri che mi si mostra dinianzi agli occhi ogni mattina, inutile ammasso di carne , in cerca del volto perduto fra un mondo e un altro, nel trionfo di questo truce arlecchino la cui ricerca del reale riflesso impressogli nella mente è di un fisiognomico valore di ciò che propriamente un tempo egli conosceva e che con ogni probabile certezza fu un volto.





Tirre Böære Ralemsa 
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