mercoledì 16 maggio 2012

Aesthetic of the void

"Un buongiorno alla comunità tutta"
 è forse questo il messaggio più consono ad un inizio e ad un'entrata, in un mondo tutto nuovo, dell'espressione e dell'impressione di contenuti che cercano dialogo e confronto in via di una crescita e di una messa in discussione di ciò che noi portiamo . 
Dire in poche, ma semplici, parole quello che non si è in grado di esplicare nell'arco di una giornata, in quella continua fuga di cui è fatta la nostra quotidianeità, potrebbe assumere in sé una dicitura attraverso la quale giustificare l'apertura di questo Blog come una sorta di delirio controverso che stà nel dire ciò che non riusciamo a dire o che fondamentalmente non possiamo o non vogliamo dire.  
Questa piccola creatura, plasmata dall'etere della rete per nascere in un angolo remoto del globo non ha un vero nome, anzi, è priva di nomenclature e patronimici vari, perché ne é di base libera; ma citare in un titolo la parola Estetica è di già una forte caratterizzazione, diciamo più propriamente un "carattere di evidenza" da cui distinguere come nel gesto di un artista, il vero dal fantastico, tenendo però conto che ciò che è pensabile è prima di tutto il fantastico che esso ne fa scaturire per poi permetterci di classissificare e/o rivestire il mondo visto come funzionalmente adatto ad una certa individualità . Questa distinzione che stà dal definire attraverso semplici strutture schematiche ciò che distinguiamo e che quindi notiamo in quanto accompagnatore del nostro fare quotidiano, è anche ciò che non notiamo, in quanto presente e contemporaneamente in movimento intorno ad una più ampia complessività di ciò che possiamo chiamare oggettività.
Dunque distinguere il percepito, cioè il conosciuto, è anche ciò che comunemente potremo definire come un "concreto concepibile nel suo essere plasmabile"; in parole che possono sembrare semplici ma intorno alle quali è sorto da sempre una sorta di dibattito, telae rapporto è la distinzione fra ciò che propriamente "è" e ciò che propriamente "non é".
Chiaramente al mio definire cosa è e cosa non è qualcuno potrà obbiettare che una questione tale da suscitare, non in me, ma nell'altro, quindi in un rapporto di automatica conferma di una mia individuazione dell'essere nell'altro, cosa esista e cosa non esista "è l'evidenza" : il corpo che accarezzo, il tavolo su cui poggia il mio computer affiancato da schermo e tastiera dalla quale ora, io "ego", stò digitando e trasmettendo fondamentalmente ciò che io percepisco come essere e che ispira le parole che a loro volta, tratte da un'ispirazione esterna, danno fondo a questo mio discorso.
Però la questione non è incentrata su ciò che vediamo, ma su come in ciò che vediamo noi ci applichiamo e come tale lo percepiamo e lo conosciamo e, cosa scontata ma non di minore importanza, come i contenuti tratti da una certa evidenza possano essere sovrapposti ad altri, che possono pervenirci da una preletterazione e conoscenza a priori indotta da una previa educazione cui noi tutti siamo sottoposti sin dall'infanzia .
Dunque il dubbio atroce: nel separare una certa materia noetica, cioè di pensiero, fatta di percezione ed identificazione di una certa meta-oggettualità e dei rapporti che ne conseguono, cosa possa risultare e cosa non nel momento in cui io scindo dalla mia facoltà di catalogazione , e quindi di auto identificazione, ciò che mi circonda . E possibile fare una cosa del genere ? Resettare il cervello umano da valori sia pratico che morali, i quali ne permeano l'azione sin dall'apice della propria ratio, e quindi dell'aspetto propriamento pratico funzionale che lega EGO a ciò che lo circonda. Spogliare la materia di ogni impropria quiddità per ricamare e ritrovare il filo conduttore fra più elementi che non potranno far altro che amalgamarsi e così renderci ciechi in quel loro districarsi in profondità talmente inerti, tali da non permetterci di percepirne né forma né altezza non è altri alla fine se non il riverbero di una vacuità .

Questo è il concetto di vuoto, di senza nome, di ciò che era in quanto non era e che propriamente desidera partecipare di questo suo esistere, questo è il significato dell'estetica del nulla o comunemente, di colui che non ha né forma né ragione nel disegno del proprio volto .

T.B. Ralemsa

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Siena lì 16.05.2012






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